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Dalla Biblioteca Ambrosiana di Milano, una nuova scoperta letteraria

Nella "Storia della letteratura italiana"di Francesco De Sanctis, si dice che il più antico documento della nostra letteratura sia la cantilena, o canzone, di Cielo di Alcamo, ed una canzone di Folcacchiero da Siena.

Ma é stato da poco scoperto, tra le carte di un manoscritto della Biblioteca Ambrosiana, un nuovo testo poetico delle origini, che comincia così: 

« Aiuta De', vera lus et gartaç, 
rex glorïoso, segnior, set a vu' platz, 
chìa mon conpago sê la fedel aiuta. 
E' nun lo vite, po' la note fox veiota. »

Ovvero, nella traduzione dello scopritore Nello Bertoletti: 

«Sii d'aiuto Dio, vera luce e splendore, 
re glorioso, signore, se a voi piace, 
siate il fedele aiuto del mio compagno. 
Io non l'ho visto, da quando si è vista la notte».

Il testo prosegue per altre quattro stanze, nelle quali l'Io poetico, dopo aver invocato Dio, si rivolge ad un "Bel compagno", invitandolo a svegliarsi, perché l'alba si avvicina.

Alba é anche il nome del genere poetico a cui questo testo appartiene, un motivo diffuso in molte letterature ma, mentre é poco presente in quella italiana, é molto usata invece dai trovatori (i "Troubadours", poeti che vissero nella Francia meridionale, e successivamente anche nell'Italia del nord, tra la fine del secolo XI e la fine del secolo XIII). 

Notizia tratta da "Il sole 24 ore".
L'immagine qui riportata rappresenta una parte del documento, tratto dall'articolo apparso sul "Sole 24 ore".



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