Analisi dell'opera storiografica "Storia della colonna infame" di Alessandro Manzoni (conclusa nel 1829, e pubblicata insieme alla seconda edizione de "I Promessi Sposi"), a cura di Alessandro Mazzini, per "Oilproject":
http://www.oilproject.org/lezione/manzoni-storia-della-colonna-infame-riassunto-e-commento-1836.html
La "Storia della colonna infame", narra dell'intentato processo a Milano, durante la terribile peste del 1630, contro due presunti untori, ritenuti responsabili del contagio pestilenziale tramite misteriose sostanze, in seguito ad un'accusa - infondata - da parte di una donna del popolo, Caterina Rosa.
Il processo, svoltosi storicamente nell'estate del 1630, decretò sia la condanna capitale di due innocenti, Guglielmo Piazza (commissario di sanità) e Gian Giacomo Mora (barbiere), giustiziati con il supplizio della ruota, sia la distruzione della casa-bottega di quest'ultimo.
Come monito venne eretta sulle macerie dell'abitazione di Mora la "colonna infame", che dà il nome alla vicenda.
Solo nel 1778 la Colonna Infame, ormai divenuta una testimonianza d’infamia non più a carico dei condannati, ma dei giudici che avevano commesso un'enorme ingiustizia, fu abbattuta (grazie ad alcuni scritti di Pietro Verri).
Nel Castello Sforzesco (Milano) se ne conserva la lapide, che reca una compiaciuta descrizione, in latino seicentesco, delle pene inflitte.
L'immagine qui riportata rappresenta la lapide che sorgeva di fronte alla "Colonna infame" ed oggi situata nella "Corte Ducale" del Castello Sforzesco di Milano.
http://www.oilproject.org/lezione/manzoni-storia-della-colonna-infame-riassunto-e-commento-1836.html
La "Storia della colonna infame", narra dell'intentato processo a Milano, durante la terribile peste del 1630, contro due presunti untori, ritenuti responsabili del contagio pestilenziale tramite misteriose sostanze, in seguito ad un'accusa - infondata - da parte di una donna del popolo, Caterina Rosa.
Il processo, svoltosi storicamente nell'estate del 1630, decretò sia la condanna capitale di due innocenti, Guglielmo Piazza (commissario di sanità) e Gian Giacomo Mora (barbiere), giustiziati con il supplizio della ruota, sia la distruzione della casa-bottega di quest'ultimo.
Come monito venne eretta sulle macerie dell'abitazione di Mora la "colonna infame", che dà il nome alla vicenda.
Solo nel 1778 la Colonna Infame, ormai divenuta una testimonianza d’infamia non più a carico dei condannati, ma dei giudici che avevano commesso un'enorme ingiustizia, fu abbattuta (grazie ad alcuni scritti di Pietro Verri).
Nel Castello Sforzesco (Milano) se ne conserva la lapide, che reca una compiaciuta descrizione, in latino seicentesco, delle pene inflitte.
L'immagine qui riportata rappresenta la lapide che sorgeva di fronte alla "Colonna infame" ed oggi situata nella "Corte Ducale" del Castello Sforzesco di Milano.