Passa ai contenuti principali

Il Marchese de Sade in doppia mostra a Parigi

Il Marchese de Sade, libertino del XVIII secolo, ha segnato profondamente la nostra cultura.
Jason Farago spiega come mai questo personaggio ancora ci spaventa.

"Uccidimi o prendimi così come sono, perchè io non cambierò." queste parole furono scritte dal Marchese de Sade a sua moglie nel 1783, mentre si trovava in carcere a scontare una pena di 11 anni, poichè non voleva andare contro i suoi principi od i suoi gusti. Ogni suo divergere dalla sua vera natura secondo lui equivaleva alla morte.

Sade, riscoperto ma ancora ampiamente frainteso, é il soggetto di due esposizioni a Parigi che offrono una nuova possibilità di riscoprire una delle più cupe figure della cultura europea.
A fine mese il "Musée d'Orsay" apre "Sade. Attaccare il sole", una nuova ed ambiziosa esibizione che rilegge la storia dell'arte moderna attraverso le lenti di questo scrittore radicale.
Il "Musée des Lettres et Manuscrits" sta presentando un'esposizione dei libri e delle lettere di Sade, incluso il manoscritto dal titolo "Le 120 giornate di Sodoma" del 1785 (la pergamena originale, un rotolo di 12 metri, sarà esposta a Parigi in occasione del bicentenario della sua morte, avvenuta nel 1814 nella prigione della Bastiglia, dove il Marchese scrisse l'opera, ampiamente tradotta e censurata).

Sade é indubbiamente una figura illuminante. Lui ammirava Rousseau, un autore di cui in prigione non era ammesso leggere libri. Lui però era contro la ragione e la razionalità, in favore invece della ribellione, dell'estremismo e l'anti-umanesimo.
Questi furono i temi che scandalizzarono i grandi uomini di quel periodo.

Donatien Alphonse François de Sade, nato nel 1740, fu una persona molto complessa. Era un aristocratico, ma anche un delegato della "Convenzione Nazionale" durante la Rivoluzione Francese, e che rinunciò al suo titolo durante il Regno del Terrore.
Lui scrisse alcune tra le storie più provocatorie mai composte, ma anche opere teatrali convenzionali, non oscene.

Le pratiche di Sade, non erano però del tutto "anormali" per il periodo, infatti come scrisse Michel Foucault (grande storico della sessualità), una volta osservato, il sadismo non è "una pratica antica come l'Eros", ma anzi si trattava di "un fatto culturale di massa che apparve precisamente alla fine del XVIII secolo".

Sade considerava le passioni non come aberrazioni, ma come aspetti costitutivi della natura umana.
Anche la ragione che portava alla filosofia e agli Illuministi era per lui frutto di desideri nascosti: gli uomini sono governati da questi desideri, molto più che da impeti di natura razionale.
La nobiltà è una cosa falsa. La crudeltà é natuale. L'immoralità é l'unica moralità.

Sade é ovunque, nell'arte e nella letteratura (basti pensare ai dipinti di Goya ed agli scritti di Baudelaire), ed ancora ci spaventa. Perchè? 
Perchè con Sade nessuna analisi obiettiva é possibile: il corpo é implicato molto più della testa, e la ragione é subordinata ai più profondi impulsi.
Ciò che Sade ha pensato, é estremo. Lui é il profeta di un mondo che va oltre i suoi confini. Ed in un mondo che ora spinge la politica, l'economia e la natura fino al punto di rottura, questa sua visione dell'umanità sembra sempre più credibile, benchè agghiacciante.

Per chi volesse leggersi l'articolo completo in lingua, allego il link di riferimento al sito "BBC Culture":
http://www.bbc.com/culture/story/20141006-marquis-de-sade-still-shocking

E al sito della mostra al "Musée d'Orsay":
http://www.musee-orsay.fr/it/eventi/mostre/al-museo-dorsay/mostre-al-museo-dorsay/article/sade-41230.html?tx_ttnews%5BbackPid%5D=254&cHash=be162d7fad

Le immagini qui riportate rappresentano: il Marchese de Sade in prigione, ed il rotolo della pergamena in mostra al "Musée des Lettres et Manuscrits".


Post popolari in questo blog

Dalle cariatidi al "De Architectura" di Vitruvio

La "cariatide" (detta anche "canèfora") é una scultura utilizzata come colonna, che rappresenta una figura femminile.  Secondo l'architetto romano Vitruvio, che ne parla già all'inizio del primo libro del suo " De Architectura ", il nome (karyàtis) significherebbe "donna di Karya": le donne di quella città del Peloponneso sarebbero infatti state rese schiave, pur mantenendo le loro vesti e attributi matronali, dopo la sconfitta e la distruzione della loro patria, come punizione per l'appoggio fornito ai Persiani.  In seguito gli architetti greci le avrebbero raffigurate come sorreggenti il peso dell'edificio, per tramandare il ricordo dell'evento.  Il libro di Marco Vitruvio Pollione, intitolato "De Architectura" (ovvero, "Sull'Architettura") é un trattato latino scritto intorno al 15 a.C.  E' l'unico testo sull'architettura giunto integro dall'antichità e divenne il fondamen...

Lo spettacolo teatrale "Così ce ne andremo" di Vittorio Calvino

In questi giorni, e più precisamente venerdì 24 aprile 2015 alle ore 21:00 , avrà luogo lo spettacolo "Così ce ne andremo" al teatro "Rosetum" in via Pisanello 1, Milano. La commedia qui rappresentata é stata tratta dall'opera omonima di Vittorio Calvino, giornalista, commediografo e sceneggiatore italiano, nato ad Alghero il 4 febbraio 1909, e deceduto a Monfalcone (dove si trovava per il varo dell'Andrea Doria), il 10 luglio 1956, a soli 47 anni. "Così ce ne andremo" é un radiogramma risalente al 1947, che tratta la storia di un uomo che, concluso il suo viaggio sulla Terra, giunge nell'Aldilà. Egli porta con sè una valigia contenente dei ricordi (alcuni piacevoli ed altri un po' meno) da cui non si vuole assolutamente separare. Il più anziano dei due custodi celesti a "guardia" dell'Aldilà gli concede però, in via del tutto eccezionale, la possibilità di scegliere un ricordo e di portarlo con sé. L'uomo rivive co...

La "Storia della colonna infame" di Alessandro Manzoni

Analisi dell'opera storiografica "Storia della colonna infame" di Alessandro Manzoni (conclusa nel 1829, e pubblicata insieme alla seconda edizione de "I Promessi Sposi"), a cura di Alessandro Mazzini, per "Oilproject": http://www.oilproject.org/lezione/manzoni-storia-della-colonna-infame-riassunto-e-commento-1836.html La "Storia della colonna infame", narra dell'intentato processo a Milano, durante la terribile peste del 1630, contro due presunti untori, ritenuti responsabili del contagio pestilenziale tramite misteriose sostanze, in seguito ad un'accusa - infondata - da parte di una donna del popolo, Caterina Rosa. Il processo, svoltosi storicamente nell'estate del 1630, decretò sia la condanna capitale di due innocenti, Guglielmo Piazza (commissario di sanità) e Gian Giacomo Mora (barbiere), giustiziati con il supplizio della ruota, sia la distruzione della casa-bottega di quest'ultimo.  Come monito venne eretta sulle...