“(Smeraldina)
Dirò, come dice il proverbio: noi abbiamo le voci, e voi altri avete le noci.
Le donne hanno la fama di essere infedeli, e gli uomini commettono le infedeltà
a più non posso. Delle donne si parla, e degli uomini non si dice nulla. Noi
siamo criticate, e a voi altri si passa tutto. Sapete perché? Perché le leggi
le hanno fatte gli uomini; che se le avessero fatte le donne, si sentirebbe
tutto il contrario. S’io comandassi, vorrei che tutti gli uomini infedeli
portassero un ramo d’albero in mano, e so che tutte le città diventerebbero
boschi.”
Lasciando
parlare Smeraldina, introduco quest’opera di Carlo Goldoni datata 1745 ed
ambientata a Venezia.
La
commedia di Goldoni è strabiliante, e rileggendo i copioni non si fa altro che immedesimarsi
nelle vicende del tempo, con i vizi e le virtù che rispecchiano fedelmente anche
la nostra attualità.
Goldoni
riuscì nelle sue opere a rappresentare la società del tempo, in tutte le sue
sfaccettature. Ogni rappresentazione ha alla base personaggi presi dalla
quotidianità, quali preti, servitori, nobili, bottegai, mercanti, cavalieri,
teatranti… ed il tutto condito dal dialetto dell’epoca.
Da
un lato Goldoni dette ampio spazio alla borghesia, classe emergente nell'epoca settecentesca,
e dall’altro mise in risalto la figura femminile e la sua emancipazione. Basti
pensare a Beatrice, personaggio di questa commedia, rappresentata come una
donna intraprendente e indipendente: si vestiva già da uomo per andare a
cavallo quando abitava con il fratello a Torino. Goldoni ha quindi una visione
perspicace e anche illuminista della donna, in un secolo di grandi cambiamenti
come il Settecento.
Quest’opera
è ancora fortemente legata alla Commedia dell'Arte; molti personaggi
rappresentano delle maschere, che parlano in dialetto e possono essere di
secondaria importanza. Truffaldino stesso (alias Arlecchino) è a metà tra una
maschera, ovvero una caricatura, ed un personaggio vero e proprio.
Purtroppo
il Covid-19 non mi ha permesso di assistere alla rappresentazione teatrale di
quest’opera al Piccolo Teatro di Milano.
Nella
speranza che il Coronavirus lasci nuovamente spazio alla cultura, vi auguro una
buona lettura!
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